Gabriele D’Annunzio: l’inimitabile vita di un aristocratico artista popolare.

dannunzio-770x335

Dannunzianesimo

La vita di Gabriele D’Annunzio può essere considerata una delle sue opere più interessanti: secondo i principi dell’estetismo bisognava fare della vita un’opera d’arte. Il poeta fu costantemente teso al conseguimento di questo obiettivo, oltre che molto attento al pubblico, a cui tale opera d’arte era destinata; a creargli intorno un alone di mito contribuivano anche i suoi amori, come quello, lungo e tormentato, che lo legò alla grandissima attrice Eleonora Duse. Il poeta puntava a creare l’immagine di una vita eccezionale, il “vivere inimitabile”, sottratta alle norme e alla morale del vivere comune. D’Annunzio esaltava una violenta vitalità dionisiaca e l’ulissismo cioè la febbre di vivere tutte le esperienze, al di là di ogni limite (“La più gran gioia è sempre all’altra riva”, Ditirambo IV).

Conduceva una vita da principe rinascimentale, tra oggetti d’arte, stoffe preziose, cavalli e levrieri di razza. Il dannunzianesimo, a cavallo fra Ottocento e Novecento, fu un importante fenomeno di costume: il modello “del vivere inimitabile” proposto dalla scrittore, tra lussi raffinati, sensazioni preziose, avventure voluttuose e imprese guerresche, offriva un’evasione alle frustrazioni degli individui comuni, schiacciati dalla nascente società di massa. Lo scrittore imaginifico, che ha lasciato un numero impressionante di opere, ebbe un ruolo fondamentale  nella vita culturale nazionale italiana.

In D’Annunzio si può riconoscere la percezione acuta di un processo di rilevanza epocale, la crisi della nozione di uomo, causata dalle grandi trasformazioni in atto nella società e nell’economia europee: l’avvento della grande industria, l’affermarsi dei monopoli, l’instaurarsi della società di massa, che sgretolano l’immagine tradizionale dell’individuo, forte e sicuro, dominatore del suo mondo, nella sfera privata e in quella pubblica. D’Annunzio coglie questo fenomeno rappresentandolo criticamente nei suoi romanzi primi romanzi (Il Piacere, Giovanni Episcopo, L’innocente) attraverso figure di inetti a vivere, deboli, tormentati, incerti.

Estetismo

L’estetismo di D’Annunzio è affine a quello di Wilde e Huymas; oltre alla ricerca del bello, il pensiero di D’Annunzio gravita attorno all’originalità dell’individuo, all’irripetibilità dell’esperienza umana. L’estetismo deriva dal decadentismo francese, ma affonda le sue radici nel romanticismo di primo Ottocento. I  temi stessi delle opere di D’Annunzio rendono manifesta questa affinità: titoli come “La Pioggia nel Pineto” rimandano al rapporto uomo-natura del romanticismo. Il linguaggio analogico e i passaggi onirici in cui gli amanti si fondono con la pioggia, le tamerici, gli animali o la terra, riprendono l’idea panistica del romanticismo, già ampliata dal simbolismo del francese Baudelaire in “Corrispondenze”. Ermione è il signal usato per l’attrice Eleonora Duse, oggetto del desiderio del poeta e protagonista della favola bella.
Un altro titolo ancora, “Notturno”, fa pensare alle composizioni di Beethoven o Chopin, tra i più grandi esponenti del romanticismo in musica.

I continui e virtuosi riferimenti alla mitologia classica sono un punto di contatto tra la sua poetica e l’arte neoclassica di Canova o David, oltre che un virtuosismo stilistico.
“Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni” era il motto dell’estetismo di Oscar Wilde. Assieme a Wilde, D’Annunzio contribuì a creare l’immagine del dandy, ovvero l’uomo di cultura ricercato, voluttuoso, anacronistico ed edonista. Nella sua vita di eccessi, D’Annunzio visse il lusso e la promiscuità sessuale non come debolezza o decadimento, bensì come manifestazione della volontà di potenza e della sua auto-celebrazione della vita: “sono un animale di lusso, e il superfluo mi è necessario come l’aria che respiro.”

L’estetismo dannunziano si esprime nelle formule “il Verso è tutto” (Il Piacere) e “l’amor sensuale della parola”. L’arte è il valore supremo, al quale devono essere subordinati tutti gli altri valori, la vita si sottrae alle leggi del bene e del male e si sottopone solo alla legge del bello, trasformandosi in opera d’arte. Sul piano letterario, tutto ciò da origine ad un vero e proprio culto religioso dell’arte e della bellezza. La poesia non sembra nascere dall’esperienza vissuta, ma dal verso stesso. Come lo scrittore afferma attraverso l’eroe de Il Piacere, anch’egli sembra aver bisogno “d’una intonazione musicale datagli da un altro poeta” per incominciare a comporre.

L’esteta, che si isola dalla realtà meschina della società borghese in un mondo rarefatto e sublimato di pura arte e bellezza, è una risposta ideologica ai processi sociali in atto nell’Italia postunitaria, che tolgono al poeta quella posizione privilegiata e di grande prestigio di cui aveva goduto nelle epoche precedenti, oppure lo costringono a subordinarsi alle esigenze della produzione e del mercato. Dramma vissuto da altri intellettuali come Baudelaire (I fiori del male, Lo spleen di Parigi).

Mentre il “poeta vate” rappresentava l’ideale romantico, e il “poeta maledetto” quello decadente, per Gabriele D’Annunzio il poeta è soprattutto “poeta tribuno”: perché è in grado ora di toccare le corde di pochi lettori scelti, ora di utilizzare l’arte per arginare e dominare la folla. “La fortuna dell’Italia è inseparabile dalle sorti della Bellezza, cui ella è madre nei secoli dei secoli plasticatrice”; Con questa frase D’Annunzio attribuisce alla Bellezza la funzione demiurgica, alla pari di Platone, Keats o Winckelmann. Sebbene D’Annunzio amasse considerarsi un uomo pratico, attivo politicamente e innovatore culturale, il suo pensiero ha più affinità con quello di Stéphane Mallarmé, il quale diceva “il mondo è fatto per finire in un buon libro”, che a quello di Benito Mussolini, che nel discorso di Pesaro afferma che “le sorti dell’Italia sono legate a quelle della Lira”.

Le Opere

D’Annunzio acquisì subito notorietà in campo letterario, sia attraverso una copiosa produzione giornalistica, di versi e di opere narrative, che spesso suscitavano scandalo per i contenuti erotici, sia attraverso una vita altrettanto scandalosa, per i principi morali, fatta di continue avventure galanti e di lusso. D’Annunzio si crea l’immagine dell’ esteta, dell’individuo superiore, dalla squisita sensibilità, che rifiuta inorridito la mediocrità borghese, richiamando un mondo di pura arte, e che disprezza la morale corrente.
L’estetismo giovanile si manifesta nelle prime raccolte di versi: Canto Novo, omaggio alla poesia carducciana, Intermezzo, da cui emerge un erotismo morboso e languido, e infine Isotteo, La Chimera e Elegie romane, opere più mature scritte tra il 1886 e il 1891.
Con Terra Vergine e Novelle della Pescara, iniziò la sua produzione in prosa, culminante con la pubblicazione de Il Piacere nel 1889. Il protagonista Andrea Sperelli è un uomo conteso tra la debolezza della dissipata vita aristocratica e il desiderio di auto-celebrazione. Attraverso questa figura, ovvero d’Annunzio stesso, si sottolinea la fragilità dell’esteta: il culto della bellezza si trasforma in menzogna. Andrea è un giovane aristocratico italiano proveniente da una famiglia di artisti, “tutto impregnato d’arte”. “Habere non haberi”, “il gusto delle cose d’arte” e “l’avidità del piacere”, sono principi che in un uomo di “debole potenza volitiva” mutano in distruttivi sofismi, che lo privano di ogni energia morale, lo svuotano e lo isteriliscono. La crisi trova il suo banco di prova nel rapporto con la donna: l’eroe è diviso tra due immagini femminili, Elena Muti, la donna fatale, che incarna l’erotismo lussurioso dei suoi primi versi, e Maria Ferres, la donna pura, che rappresenta ai suoi occhi l’occasione di un riscatto e di una elevazione spirituale. Ma in realtà l’esteta mente a se stesso, la figura della donna angelo è solo oggetto di un gioco erotico più sottile e perverso, fungendo da sostituto di Elena, che Andrea continua a desiderare e che lo rifiuta. Andrea finisce per tradire la sua menzogna con Maria, che lo abbandona, restando solo con il suo vuoto e il suo languore, lo stesso sentimento di decadenza e solitudine che comunicava Verlaine nei suoi versi. D’Annunzio è critico verso questo eroe ma Andrea non cessa mai di esercitare fascino sullo scrittore abruzzese, con la sua mutevolezza amorale, con l’artificio continuo mediante cui costruisce la sua vita. Con Il Piacere l’autore mira a creare un romanzo psicologico, in cui gli eventi esteriori si intrecciano con i processi interiori del personaggio.
Dalla scoperta della produzione letteraria di Dostoevskij, nasce Giovanni Episcopo, romanzo fortemente influenzato dalla prosa dello scrittore russo. Segue il romanzo L’innocente, dove D’Annunzio sperimenta la narrazione in prima persona di un delitto, arricchita da sfoggi psicologici e didascalici.

Negli anni successivi lo studio di Nietzsche si rivela influente nell’opera letteraria di D’Annunzio, che tenta di reagire alla crisi dell’uomo moderno elaborando la figura del superuomo, dell’individuo eccezionale, dalla volontà ferrea, che sa imporre il suo potere sul mondo. Al tempo stesso, fra tanta poesia celebrativa e altisonante, spiccano liriche meno appesantite dall’ideologia superomistica, in cui si manifesta, attraverso la musicalità dei versi, un’identificazione autentica con la natura, che si pone come risposta a quella fragilità dell’Io da D’Annunzio acutamente intuita.

Sulle pagine della rivista “Convito” di Adolfo de Bosis,  pubblica Le Vergini delle Rocce, storia di un uomo aristocratico in “un’epoca in cui la vita pubblica è uno spettacolo miserabile di bassezza e disonore”. Seguono i romanzi Il Fuoco, Trionfo della Morte e Forse che sì forse che no, variazioni sul tema del superomismo e della lussuria.
Il 1903 è l’anno del ritorno alla poesia, con la pubblicazione dei volumi Maia, Elettra e Alcyone, del ciclo delle Pleiadi, dove celebra l’energia vitale della poesia, l’ideologia bellicista e nazionalista, la lirica pura e contemplativa. In questi primi libri delle “Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi” il poeta sottolinea la pienezza vitalistica, che in Alcyone si traduce nella fusione tra l’io del poeta e il fluire della vita del Tutto. Attingendo ad una condizione divina il poeta si potenzia e si trasfigura all’infinito.

Notturno è un’opera letteraria fondamentale per analizzare il pensiero dannunziano, in quanto rappresenta il punto di svolta dell’Opera del poeta tribuno. Composto durante un periodo di convalescenza in seguito ad un incidente aereo, scava nella dimensione soggettiva, tormentata e perplessa, espressione della crisi della coscienza moderna, borghese e industriale.
Lo stile usato è quello del flusso di coscienza, che rappresenta la più grande innovazione tecnica del Novecento in ambito letterario, che ha tra i suoi più grandi promulgatori Svevo, Pirandello e Joyce. Pur essendo manifesto il virtuosismo stilistico e l’esagerata ricercatezza linguistica, D’Annunzio tratta il tema dell’esperienza umiliante della sofferenza e dell’impotenza, da cui nasce una riflessione esistenziale sulla morte e sui limiti. Questa opera dannunziana presenta una materia nuova composta da sensazioni fuggevoli, confessioni soggettive e soprattutto dal pensiero della morte, affrontato direttamente, non più mascherato dietro un velleitario vitalismo dionisiaco. Notturno intraprende un’analisi di “esplorazioni d’ombra” (Cecchi), in contrapposizione al D’Annunzio “solare”, vitalistico ed eroico.

Passaggio inaspettato da parte di un poeta che, fin dalla giovinezza, aveva fatto della “volontà di potenza” di Nietzsche una regola di vita. Lo stesso D’Annunzio che aveva fatto della quadriga imperiale trainata da voluttà, volontà, istinto e orgoglio, il lietmotiv della sua esistenza. Questo D’Annunzio più umano e inedito tuttavia non misconobbe le sue opere giovanili.

L’artista aristocratico

D’Annunzio coglie alcuni aspetti del pensiero di Nietzsche: il rifiuto del conformismo borghese, dei principi egualitari che schiacciano e livellano la personalità, dell’etica della pietà, l’esaltazione dello spirito dionisiaco, della “volontà di potenza”, il mito del superuomo.  D’Annunzio sintetizza la filosofia nietzscheana in una visione aristocratica, reazionaria e imperialista. Nel suoi discorsi politici vagheggia una nuova aristocrazia estetizzante, che sappia tenere schiava la “disumanata massa umana” e elevarsi a superiori forme di vita.

Nel proemio della rivista “il Convito”, D’Annunzio esalta la classe intellettuale che “raccogliendo le loro energie debbono sostenere militarmente la causa dell’Intelligenza contro i barbari”. Inneggia all’azione e alla violenza senza allontanarsi dal culto della bellezza, al punto da paragonare il Bello di Platone alla Venus victrix di  Cesare.  Per il poeta il diritto ad affermare se stessi è di pochi esseri eccezionali, spezzando le leggi comuni della morale e della società, proiettandosi “Al di là del bene e del male”. Il personaggio del superuomo “plastificato” da D’Annunzio non nega la precedente immagine dell’esteta, ma la ingloba in sé. Il culto della bellezza è essenziale nel processo di elevazione di pochi eletti: l’estetismo diventa strumento di volontà di dominio sulla realtà. L’estetica superomistica permette al poeta di esprimere il dominio di un’elite, violenta e raffinata contemporaneamente.  Per d’Annunzio l’Übermensch deve porre fine al caos del liberalismo della “sesquiplebe” di Vittorio Alfieri, della democrazia, dell’egualitarismo.

Per il critico Carlo Salinari “il manifesto politico del Superuomo” è definito dal romanzo Le Vergini delle rocce. “Il mondo è la rappresentazione della sensibilità e del pensiero di pochi uomini superiori (…) che devono difendere dagli stalliere della Grande Bestia la Bellezza che essi oltraggiano”. In questo scenario di decadenza l’eroe cerca colei che dovrà essere la sua compagna fra le tre figli del principe, ma non riuscirà a scegliere fra le tre principesse.

I protagonisti dannunziani restano sempre deboli e sconfitti, incapaci di tradurre le loro aspirazioni in azione, contemplando “languidamente” la morte, il disfacimento, la decadenza, come D’Annunzio stesso verso la fine della sua vita.

Questa sorte dei personaggi dannunziani è confermata da Il Fuoco. Il romanzo si propone come “manifesto letterario del superuomo” (Salinari): l’eroe, Stelio Effrena, medita una grande opera artistica, che sia fusione di poesia, musica, danza e attraverso essa vuole creare un nuovo teatro, che dovrà forgiare lo spirito nazionale della stirpe latina, come aveva già fatto Wagner per la stirpe germanica. L’amore nevrotico e ossessivo di una donna, Foscarina Perdita, ostacola l’eroe nella sua opera. Il cognome del protagonista ha un significato: dal latino Ex frenis, ovvero “senza freni”.

In Alcyone l’esperienza panica cantata dal poeta sono presenti manifestazioni liriche del superomismo: solo al superuomo, creatura eccezionale, è concesso di “transumanare” al contatto con la natura, attingendo ad una vita superiore, al di là di ogni limite umano. Per D’Annunzio la trasfigurazione musicale della parola è resa possibile solo da una sensibilità privilegiata.
“Le plebi resteranno sempre schiave e condannate a soffrire”; questo pensiero politico elitario, esasperato dall’aristocratismo nietzscheano del superuomo, portarono D’Annunzio a schierarsi con l’estrema destra alle elezioni nel collegio di Ortona del 1897. Il suo discorso elettorale tratta il tema della sacralità della proprietà privata, attraverso la similitudine della siepe, contro l’avanzata delle sinistre e del socialismo. Per il poeta un uomo è tanto più virtuoso quanto “più egli si sforza di accrescer l’esser suo (…) in perpetua plenitudine”. L’allusione alla siepe è simile a quella usata da Pascoli durante il discorso di Barga, svuotata però di ogni contenuto o allusione all’ideologia socialista umanitaria.
“Come un uomo di intelletto vado verso la vita”, con queste parole si giustificò quando passò all’estrema sinistra, sul carro dei vincitori. Questa ambigua disponibilità non deve meravigliare perché è propria delle posizioni irrazionalistiche, estetizzanti e vitalistiche del poeta, che sono sempre attratte dalle manifestazioni di forza ed energia vitale.

L’artista popolare

Sin dagli anni dei primi studi D’Annunzio si occupò di giornalismo, collaborando e fondando riviste e testate, pubblicando reportage dal fronte durante la Prima Guerra Mondiale.

Nell’ambito del teatro, mise in scena opere innovative e provocatorie, coinvolgendo le più importanti personalità dell’epoca, come l’attrice Eleonora Duse, Isadora Ducan e Luisa Baccara, che crearono il mito letterario della femme fatale. La pièce “Il martirio di San Sebastiano”, che fece indignare l’opinione pubblica, si inserisce nel contesto artistico della avanguardie, che rifiutavano i parametri dell’arte classica: soggetti sacri e religiosi,  mitologici  o storici.

Si dedicò anche all’arte cinematografica, che tra gli anni ‘20 e ‘30 consolidò strutture stilistiche con i primi film di Georges Melies, e le sperimentazioni espressionistiche di Fritz Lang e Friedrich Murnau.
D’Annunzio collaborò alle didascalie di un kolossal di ambientazione antica, Cabiria. Non si limitò a redigere le didascalie della varie scene, egli concorse a ideare i personaggi e gli snodi essenziali della vicenda ambientata nella Cartagine antica. Tuttavia, dopo l’entusiasmo iniziale, d’Annunzio fu piuttosto scettico sul destino della settima arte, a suo avviso ancora troppo acerba e inadatta a rappresentare la complessità delle emozioni umane estetiche e superomistiche.

La figura di D’Annunzio è contraddittoria per via di questo irrisolto conflitto tra poeta aristocratico superiore per intelletto e per natura alla massa, e poeta tribuno, mondano e interessato ad attirare su di sé l’opinione pubblica, che trova soluzione nelle teorie superomistiche. Per esaltare la sua immagine, D’Annunzio prestò i suoi versi alla propaganda politica, con le Canzoni d’Oltremare, in occasione della guerra in Libia. Allo scoppio del conflitto d’Annunzio tornò in Italia, dopo il suo “esilio dorato”, ed iniziò un’intensa campagna interventista, che ebbe un peso notevole nello spingere l’Italia giolittiana in guerra, galvanizzando l’opinione pubblica (“cantore delle radiose giornate di maggio”). Arruolatosi volontario nonostante l’età, attirò nuovamente su di sé l’attenzione con clamorose azioni, la beffa di Buccari (un’incursione del golfo del Carnaro) e il volo su Vienna. Anche la guerra di D’Annunzio fu una guerra eccezionale, non combattuta nel fango delle trincee , ma nei cieli, attraverso una nuovissima arma, l’aereo, esaltato nel romanzo “Forse che sì forse che no”. Nel dopoguerra d’Annunzio si fece interprete dei rancori per la “vittoria mutilata” (termine che si riferisce alla Nike di Samotracia, esempio perfetto dell’arte classica) che fermentavano tra i reduci, capeggiando una marcia di volontari (i legionari) di Fiume, dove instaurò un dominio personale chiamato “Reggenza italiana del Carnaro” sfidando lo stato italiano del presidente del consiglio Francesco “cagoia” Nitti. Divenne celebre la costituzione fiumana, chiamata Carta del Carnaro, nella quale D’Annunzio e Alceste De Ambris proposero una politica corporativistica, tutelante del lavoro e rivoluzionaria. Sperimentazione di quello stato etico proposto da Byron nel secolo precedente.
Scacciato con le armi nel dicembre 1920 dal “boia labbrone” Giolitti, sperò di proporsi come vate di una rivoluzione reazionaria, che riportasse ordine nel caos sociale del primo dopoguerra, ma fu scalzato da un più abile e pragmatico politico, Benito Mussolini. Il fascismo lo esaltò come padre della patria (discorso palazzo Marino a Milano), ma lo guardò anche con sospetto, confinandolo in una villa di Gardone, che D’Annunzio trasformò in un mausoleo eretto a se stesso ancora vivente, il “Vittoriale degli italiani”. Il poeta tribuno esercitò un profondo influsso sulla politica e sulla cultura, poiché elaborò ideologie, atteggiamenti e slogan che furono fatti propri dal fascismo. Le opere di D’Annunzio, accanto alla poesia pascoliana, si pongono, nei suoi risultati migliori, come capostipite della poesia italiana del Novecento.

Questa voce è stata pubblicata in italiano e contrassegnata con , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento